venerdì 9 luglio 2010

Claudio Di Scalzo detto Accio: Da Tellus numero 30 - (2010)








In questa estate 2010, a mia cura, proporrò on line, il meglio del Tellus annuario, dal numero 23/24 al numero 30. (La rivista-annuario a direzione Claudio Di Scalzo è cessata con il numero 30) Il meglio di Tellus Annuario Illustrato confluirà nella rivista on line che sto progettando: L'OLANDESE VOLANTE e sui weblog: Tutti i figli di Tellus.

              


Introduzione in forma di alfabeto
alla Fondazione della rivista TELLUS



A



Prendere la parola significa tirare fuori la testa dalla lastra di silenzioso ghiaccio che ricopre Il Provinciale. Il foglio e bucato. Questo l’incipit.



B



Le nostre parole, un tempo mute, si insinuano nelle faglie di altri discorsi. Sommuovono. Scivolano. Formano intercapedini. Eruttano. La rivista sta germinando. Afferma il Fondatore.



C



Il Provinciale, leggendo e rileggendo i lacustri tremori di queste parole, il loro malfermo passo sulla carta, le concatenazioni inconsuete, accoglie il nome della rivista, Tellus, come il frutto acerbo che cade nel tempo novecentesco del ferro e del fuoco, il dizionario sepolto in lui da offrire alla Storia.


D


Ripensi al passato. Osservi il campanile del tuo paese che stasera toccherà la luna.



E


Questa rivista sara anche l’elaborazione del mio sistema nervoso, pensa il Fondatore. Lo mischierò con quello del Provinciale vecchianese.

F


Chi scrive sulla rivista Tellus e chi la legge formerà il Poema degli intanati. Coloro che nascono per vivere nascosti in una terra, invisibili, avranno finalmente un sistema circolatorio che presuppone la nascita di una lingua.



G

“Era per perdersi affatto; ma atterrito, più che d’ogni altra cosa, dal suo terrore, richiamo al cuore gli antichi spiriti, e gli comando che reggesse”. Manzoni nel capitolo XVII da una mano alla Fondazione della rivista disegnando la frontiera come spazio cucito fra identità psicologiche e naturali diverse. Renzo in fuga verso Milano raggiunge l’Adda che allora era la frontiera tra i domini spagnoli e la Terra di San Marco. Renzo sulla frontiera conquista la propria identità: l’Adda e una soglia fluida da varcare ma anche concreta demarcazione tra due sistemi sociali diversi. Oltre c’e la solitudine individuale addipanata sulla scelta se essere nomade o emigrante o frontaliero.

H


Il passato, e tu mi chiedi sempre, come usiamo il passato?, lo piego con l’ambizione suprema di torcerne anche le trame dei discorsi che lo sorressero. Di farlo guaire nelle palustri verità creaturali che galleggiano sul tetto della mia dimora: ed e necessario, credimi: indica a chi scrive sulla rivista, lo senti ora?, la numerazione dei fascicoli che usciranno. 1, 2, 3… con lo statuto leggiadro delle nuvole che lasciano il segno sulla cera del cervello.

I


La memoria storica, inquinata da fotografie sugli usi e costumi pubblicate infinite volte, boccheggiava la voglia di un falò bruciante i negativi.

J


Sono una pozzanghera. Esisto dopo lo scroscio. Specchio terrestre per chi incontrandomi vuole scoprirsi intorbidito, recita enfatico l’Homo Selvadego.

K


Siccome noi il radicamento non sappiamo cosa sia dato che nella Parola non siamo mai stati a nostro agio, suggerisce il Fondatore della rivista, lo sradicamento ci consegna alla fruttifera condizione di stare fra le fauci della natura, proprio quando essa e divorata dalla città, dall’umano che la cancella. Ma ingoiati o sputati per noi e lo stesso. Sia chi ci ingoia sia chi ci sputa lo può fare dandoci, ora, la parola.

L


Al Provinciale l’ansia di passato dava un ritmo calzante strappi al suo batticuore. Il mito della sua individualità selvatica si dibatteva nel sangue in moto verso l’omologazione planetaria del risveglio con i Frosties cereali sul comodino.

M


Il sentimento del passato figlia diari e un’epica da posare sulla sedia impagliata e da usare come guanciale per le insonnie dettate dal Moderno. Il graduale inurbamento dei valtellinesi lo potrebbero raccontare i nonni del Fondatore. Peccato siano morti, altrimenti in dialetto descriverebbero anche gli spazi per le volpi fra i cespugli. Ricordi come rotolavano le castagne nei villaggi sopra Albaredo? – chiede il Fondatore a un redattore valligiano mentre passeggiano. Se poi mi dici che l’esistenza di un valtellinese nel primo Novecento era più sepolta di un dente di gatta nell’erba alta, sono d’accordo, cosa posso aggiungere?

N


Estate 1987. A valle scivolano polle nere di fango… tienimi con te, Fondatore della rivista… proteggimi dalle pietre… fra poco sara l’autunno… avrò il cuore sonoro. Dice angustiata una valligiana.
Fra Morbegno e Sondrio, raccontano a San Cassiano Valchiavenna, e successa una grande tragedia. Basta accendere la televisione per vedere l’inimmaginabile.
Acque e acque per sentieri e tratturi e strade…
Sassi sulla testa… sassi sul collo. Quasi affogo.
Ricordohi… ricordahi…cosa sara mai?!?… porto oscurità sul corpo che tu, Fondatore della Rivista, mi dai!

O

I numeri della rivista Tellus – dieci – saranno per i lettori la totalità e il compimento dell’essere provinciale. Il ritorno all’unità dopo la dispersione.
Dieci fortini contro la modernità che espelle il divino rendendo le vie verso la salvezza tutte ugualmente intrise dei deliri del politeismo officiato nelle università.

P

P come Provincia. Guarda e scruta queste terre provinciali. Queste pietre lisce come i palmi delle mani. Esse ospiteranno le domande fondanti il lessico per abitare senza restare curvi sotto la cecità del moderno: Appartenenza, Spaesamento, Particolarismo, Urbanizzazione.

Q

Il lusinghiero piacere di pensare per azzardo e devozione agiterà le pagine della rivista, dice il Fondatore. Tellus diventerà la spugna di pensatori dimenticati, dei loro fiati, della loro polpa teorica, pero mai li nomineremo, perché io, il Fondatore, tutti li riassumo e li torco alle mie circonvoluzioni mentali e corporali. Sono le budella ripiene dell’Occidente.

R

I numeri della rivista, come i nomadi in cerca dell’oasi, procedono fino allo sfinimento. In gioco c’e la salvezza. Cumuli di rosse macerie si portano dietro. Le loro lacrime provinciali sono di quelle che spazzano il cuore come la tempesta fa con i canali di scolo.

S

La Valchiavenna e la Valle del Serchio si terranno a braccetto nella danza poetico-filosofica. Saranno il coriandolo colorato-scolorante nella geografia di un’Europa dove i pensieri totali muoiono come un re dopo lunga agonia: e nei cortili, ce n’è uno per ogni capitale-metropoli-museo: i popoli non sanno a cosa ribellarsi.

T

Il Fondatore della rivista confida che Tellus sia una bandierina ficcata sulla sommità della catastrofe. Quante briciole di teorie e poemi e cinema ha attorno? Il suo alito descrittivo-artistico-filosofico sarà la parola sul vassoio dell’essere, offerto come il servo fa sul trono vuoto della razionalità occidentale. Intanto succhia le radici perse dell’identità provinciale masticando a vuoto. Avevo fame, dice, sono solo, avrò davanti la morte delle certezze, e il mio pensiero, se permettete, lo getto nel grembo di questa mia condizione pur sempre terrestre.

U

Se canti o descrivi o interpreti il volto del tuo vicino provinciale, canterai o descriverai o interpreterai l’universo.

V

Come si appartiene a una terra?, si chiede il Fondatore della rivista. O, detto meglio, quali parti di me prendono le due valli. L’interrogativo ballava sulla fronte del Fondatore nelle ore notturne. La ferita che ne ricavo era tutta la sua filosofia da leggere al risveglio. Irresponsabilità dell’illusoria speranza di raggiungere la sfera aerea della quiete, dell’appartenenza.

W

Qual e la parte del mio corpo che si coniuga con le terre che abitai-abito?, si chiese con frenesia sventata, e forse ingenua, il Provinciale. Le domande fondamentali rendono il capo dipinto. Cromatico di incertezze. Ogni forma del vissuto esce negli spazi dell’inconsistenza. Passi nel varco fra l’esistere e il non esistere della parola. In fin dei conti e un girotondo. La Piana del Serchio e la vista, l’adolescenza della figura del Moschettiere, occhi timidi davanti alla nudità del mondo. La Valchiavenna e la palpebra della maturità che vela, riposa dall’accecamento, che impone la memoria. Gli organi di questa filosofia provinciale abbisognano di altro, ma di cosa?

X

Nel suo organo della vista, il Fondatore, mise il collirio della parola Tradizione. Gli altri sono la mia tradizione, sono in me, anche se distanti da me per esperienze e vissuto. Sono in me e li scopro in questa terra di provincia. Terre che mi fanno capire quanto mi appartengano se non rinuncio a criticarne le esperienze e a scambiarmi con loro. Essi sono la mia biografia e insieme a loro costituisco la biografia di questa mia provincia del pensiero e dell’azione.

Y

L’anarchismo mentale del Fondatore della rivista suggerirà come sfuggire al dominio organico dello Stato, come ricavare nicchie nel grasso bronzo nazionale, come crescere un tamburo filosofico che rompa la sinfonia dei sistemi, e chi avraàil coraggio del Capitano di ventura di sé stesso, potrà predare versi per una poesia metafisica.

Z

La rivista Tellus e una redazione vasta di vite semplici ed eccellenti, immaginarie e reali, che come arcobaleni medieranno tra acqua e aria gli elementi della conoscenza provinciale. E le leggi della sua fascicolazione saranno i miei sensi e le mie illusioni.


 

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