Bruno Magoni: Michail Bakunin, 2003
James Guillaume
La ribellione del giovane scita Michail Bakunin
Michail Aleksandrovic¡ Bakunin nacque il 18 maggio 1814 a Priamuchino, villaggio facente parte del distretto di Torjok, nel governatorato di Tver. Suo padre, dopo aver vissuto la giovinezza come segretario d’ambasciata a Firenze e Napoli, ritornò a stabilirsi nei suoi dominii patrimoniali ove sposò, all’età di quaranta anni, una giovane diciottenne della famiglia Muraev. Di idee liberali, fu per molto tempo membro di una delle numerose associazioni di «decabristi»; ma dopo l’avvento al trono di Nicola I, scoraggiato e diventato scettico, si dedicò esclusivamente alla coltivazione delle proprie terre ed alla educazione dei figli.
Michail era, delle cinque sorelle e dei cinque fratelli che ebbe, il primogenito. All’età di quindici anni entrò nella scuola di artiglieria di Pietroburgo, dove passò tre anni, dopo i quali fu mandato come sottotenente prima nel governatorato di Minsk, poi in quello di Grodno, in Polonia.
Era l’indomani del soffocamento sanguinoso dell’insurrezione polacca, e lo spettacolo della Polonia terrorizzata agì potentemente sull’animo del giovane ufficiale e contribuì non poco a inspirargli l’orrore del despotismo.
Dopo due anni di servizio militare, dette le dimissioni (1834) e si recò a Mosca ove passò quasi interamente i sei anni che seguirono. In questa città si dette con ardore allo studio della filosofia. Cominciò coll’appassionarsi alla lettura degli enciclopedisti francesi e, come i suoi amici Nicolaj Stankévic¡ e Bélinski, si entusiasmò per Fichte, del quale tradusse (1836) i Vorlesungen über die Bestimmung des Gelehrten. Poi, fu la volta di Hegel, che teneva allora il dominio degli spiriti in Germania: il giovane Bakunin divenne un fervente seguace del sistema hegeliano e si lasciò per qualche tempo abbagliare dalla famosa massima: «Tutto ciò che è reale è razionale» con cui si giustificava l’esistenza di ogni oppressione politica.
Nel 1839, Aleksander Herzen e Nicolaj Ogarev, dopo un esilio di parecchi anni, ritornarono a Mosca ove si incontrarono la prima volta con Bakunin; ma allora le loro idee eran troppo differenti perché potessero andar d’accordo.
Nel 1840, a ventisei anni, Michail Bakunin andò a Pietroburgo e di là a Berlino coll’intenzione di studiare il movimento filosofico tedesco; si proponeva di consacrarsi all’insegnamento, desiderando occupare, un giorno, una cattedra di filosofia o di storia a Mosca. Quando Nicolaj Stankévic¡ morì in Italia – e cioè in quello stesso anno – Bakunin ammetteva ancora la credenza nell’immortalità dell’anima come una dottrina necessaria (lettera a Herzen del 23 ottobre 1840). Ma era venuto il momento in cui doveva compiersi la sua evoluzione intellettuale, e la filosofia di Hegel trasformarsi in lui in una teoria rivoluzionaria. Già Feuerbach aveva dedotto dall’hegelianesimo le conseguenze logiche nel campo religioso; Bakunin doveva operare similmente nel campo politico e sociale. Nel 1842, lascia Berlino per Dresda, ove fa amicizia con Arnold Ruge, che in quella città veniva pubblicando la rivista Deutsche Jahrbücher, nella quale Bakunin pubblicò nell’ottobre, sotto lo pseudonimo di «Jules Elysard», uno studio che giungeva a conclusioni rivoluzionarie. Era intitolato: La Reazione in Germania - frammento, di un francese, e terminava con queste frasi di cui l’ultima è divenuta celebre: «Confidiamo, dunque, nello spirito eterno che distrugge e annienta solo perché è la sorgente impenetrabile ed eternamente creatrice di ogni vita. Il desiderio di distruggere è nello stesso tempo un desiderio di creare».
Herzen, credendo sulle prime che l’articolo fosse realmente opera di un francese, dopo averlo letto, scrisse nel suo diario: «È un appello potente, fermo, trionfante del partito democratico... L’articolo è di una grande importanza. Se i francesi cominciassero a rendere popolare la scienza tedesca – quelli che la comprendono, s’intende – la grande fase dell’azione sarebbe prossima a cominciare». Il poeta Georg Herwegh, autore dei Gedichte eines Lebendigen, essendosi recato a Dresda, dimorò presso Bakunin del quale divenne intimo amico. Fu pure a Dresda che Bakunin fece la conoscenza del musicista Adolf Reichel, che divenne uno dei suoi più fedeli. Ma il governo sassone manifestò ben presto delle intenzioni ostili verso Ruge e i suoi collaboratori; e Bakunin ed Herwegh dovettero, nel gennaio del 1843, lasciare la Sassonia per recarsi insieme a Zurigo. In Svizzera Bakunin passò l’anno 1843; una sua lettera scritta a Ruge dall’isola di Saint Pierre (lago di Bienne) nel maggio dello stesso anno, e pubblicata a Parigi nel 1849 nella rivista Deutscb-französische Jahrbücher, ter mina con questa veemente apostrofe: «La lotta comincia e la nostra causa è sì potente che noi, pochi uomini sparsi e con le mani legate, col nostro solo grido di guerra ispiriamo lo spavento alle migliaia! Avanti con forte animo! Voglio infrangere le vostre catene, o Germani che volete diventar Greci; io, lo Scita. Ma datemi le vostre opere: le farò stampare nell’isola di Rousseau e in lettere di fuoco scriverò una volta ancora nel cielo della storia: Morte ai Persi!».
In Svizzera Bakunin fece la conoscenza dei comunisti tedeschi che facevano capo a Weitling. A Berna, ove passò l’inverno 1843-1844, entrò in relazione con la famiglia Wogt. Uno dei fratelli Wogt, Adolf (più tardi professore alla facoltà di medicina nella Università di Berna), divenne suo amico intimo. Ma, disturbato continuamente dalla polizia svizzera e dietro intimazione dell’ambasciata russa di ritornare in Russia, Bakunin lasciò Berna nel febbraio 1844, andò a Bruxelles e di là a Parigi, ove doveva restare fino al dicembre 1847.
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(da TELLUS 26: "Vite con ribellioni rinomate e sconosciute", 2004. Annuario a cura di Claudio Di Scalzo. Volume esaurito. Per questo il contenuto verrà tutto ripubblicato on line su questo weblog e negli altri detti TUTTI I FIGLI DI TELLUS)
La rivista-annuario TELLUS ha terminato la serie diretta da Claudio Di Scalzo con il numero 30 nel 2009.