Il Weblog TELLUS di VALTELLINA, e in futuro OLANDESE VOLANTE, ri-pubblicheranno in una veste grafica nuova, una scelta da TELLUSERRA. Questa sezione nacque, nel 2005, con facile accostamento alla serra dentro il progetto di TELLUS e dalla testata prende nome. Il fine era di operare critica della cultura e pubblicare inediti sia in prosa che poesia che saggistica di nuovi autori e firme già conosciute. Il Copyright e la struttura editoriale porta la mia firma ed attualmente è usato on line senza il mio permesso, anzi i testi vengono accorpati da improbabili curatori e curatrici. Da qui la necessità della ri-pubblicazione, anche su richiesta di autori e autrici che donarono questi testi alla mia direzione. Claudio Di Scalzo discalzo@alice.it
SU QUENEAU...
SU QUENEAU...
Alla poesia di Raymond Quenaeau dedicò un bel volume, la casa editrice Guanda, nella celebre collana rilegata in tela arancio diretta da Giacinto Spagnoletti. Era il 1963. E le sorti della poesia stavano a cuore a molte case editrici e così gli autori che pure avevano “lavorato” per sabotarla con invenzioni stilisticamente figlie del surrealismo e di ogni avanguardia che negli anni dieci metteva la benzina dell’umorismo nel carburatore. Raymond Queneau era uno di questi. Oggetti che si animano, rovesci assurdi in qualche microcosmo di anormale quotidianità e titoli fulminanti delle raccolte che già valevano la curiosità e la benevolenza anche da parte di chi studiava le stanze petrarchesche o l’evoluzione del Sonetto. “Chene et Chien”. “Les Ziaux”. “L’instant fatal”. “Petite suite”. Che goduria per chi non ne poteva più del tragico e dell’esistenzialismo ermetico leggere queste poesie negli anni sessanta scritte da un anti-poeta e anti-tutto. Oggi intuiamo anche un certo manierismo, ma conservano intatta la loro salutare irriverenza. Poi, come accade a chi molto ha preso in giro l’orchestrazione assurda della vita, certi versi, è il caso de “La pendule”, “la pendola”, rivelano in Queneau anche lo scricchiolio di un’insanabile nostalgia per un Dio che sia burlone, quantomeno. CDS
LA PENDOLA
1
Bighellonavo sui Boulevards
Quando incontrai l’amico Bidard
Aveva l’aria così stomacata
Che gli chiesi la spiegazione
Ed ecco quel che mi disse
Poco fa ho ingoiato una pendola
E sto recandomi dal chirurgo
Perché ho una paura da cani
Che mi caschi nelle budella
2
Un mese dopo rivedo l’amico
Con l’aria di uno che ha fatto quattrini
Allora sono andato a trovarlo
E gli ho chiesto una spiegazione
Ed ecco quel che mi disse
Mi guadagno la vita con la pendola
Nello stomaco ho un piccolo quadrante
E vendo l’ora a tutti i passanti
Prima di averlo nelle budella
3
Alla fine si suicidò
Perché nessuno voleva operarlo
Ed io che giungevo allora sul posto
Gli chiesi di darmi una spiegazione
Ed ecco quel che mi disse
Sono arcistufo di avere una pendola
Che m’impediva il sonno di notte
Per caricarla la schiena bucavo
Meglio pendere che essere un pendolo
4
Quando fu morto andai al funerale
Era mattina e mi seccava
Ma quando nel buco fu, che risate,
Il settimo colpo batté della mezza
Dal fondo della sua bara
Ed ecco ed ecco ed ecco
Aveva inghiottito la sua pendola
Non capita a tutti i cristiani
Neppure a quelli che hanno uno stomaco
Da cani e il cuore nelle budella
da “L’Instant fatal”.
Traduzione di Franco De Poli